L’Europa della pace, iniziando da noi

Il primo turno delle elezioni regionali in Francia lo ha messo nero su bianco: il Front National e la sua ideologia guadagnano consensi. Eppure la Francia che conosco io, è un Paese di dialogo, di apertura all’altro, in cui è sempre nel dibattito e nell’ascolto delle ragioni altrui che si ricerca la verità. L’evidenza non lascia spazio a dubbi: l’Europa si trova ad un punto di svolta. Ed è tempo che l’Europa, fatta di Stati membri ma anche di cittadini, si guardi allo specchio e rifletta, senza più giri di parole, sulla sua identità e sul ruolo che intende giocare nel mondo.

12575932_10208165481923002_614036629_nLa mattina dopo gli attentati di Parigi, su Facebook, in mezzo ai tanti messaggi di chi, colto dalla sorpresa e dalla rabbia, si lasciava andare a parole di violenza e odio, ho notato che alcuni amici francesi stavano diffondendo una semplice immagine di pace: uno sfondo nero con una candela accesa, e una frase tratta dalla “preghiera semplice” di san Francesco: dov’è odio, che io porti l’amore. Ho sentito di condividere anch’io quell’immagine, e soprattutto quell’intenzione, come mio personale modo di deporre un fiore a Place de la République. Ho pensato alla mia Europa, che si è scoperta teatro di nuova barbarie. Occorre, oggi, che questa terra di lumi e di santi abbia il coraggio di vivere fino in fondo, dentro i suoi confini e soprattutto nelle sue relazioni con l’esterno, i valori sui quali è fondata: libertà, giustizia sociale, fraternità e pace. Proprio quella pace a cui viviamo il miracolo di essere abituati da settant’anni, e che ci rende così odioso il materializzarsi della violenza, qui o altrove. Quella pace che non è gratis, ma che è stata pagata col prezzo dell’assurdità della violenza fratricida dell’ultimo conflitto mondiale, e che oggi è minacciata da una violenza che la nostra complicità ha contribuito ad alimentare. Quella pace che, fuori dai nostri confini, è ancora un miraggio per molti, troppi. Occorre ricordare che la violenza è un seme che attecchisce rapidamente, e che genera solo altra violenza, a Parigi come a Gerusalemme, a Damasco come a Bujumbura. Anziché cedere alla paura (e quindi all’implosione), l’Europa dovrebbe sforzarsi di agire con lealtà e oculatezza, condividendo quanto più possibile nelle sue relazioni internazionali i frutti della propria esperienza.

Si tratta quindi di compiere, a livello di Stati ma anche di cittadini, scelte coraggiose, consapevoli e non buoniste, di pace. In qualche modo noi, cittadini europei, siamo i custodi della pace di cui godiamo. Di fronte alle vicende globali che sembrano travolgerci, allora, prendiamo consapevolezza della possibilità (e forse della responsabilità civica) che ciascuno di noi ha di compiere, in prima persona, piccoli passi per favorire intorno a sé più giustizia, più uguaglianza, più condivisione, ovvero le condizioni per cui violenza e azioni terroristiche perdono possibilità di agire. Ci si può, ad esempio, aprire più seriamente alla conoscenza e al dialogo con le altre culture presenti nei nostri luoghi di vita. Più semplicemente, basterebbe uscire dall’isolamento individualistico che caratterizza le nostre città e partecipare a percorsi di cittadinanza attiva, inserirsi in reti di solidarietà che si impegnino contro la marginalizzazione di determinati gruppi sociali (si pensi alla Francia delle banlieues-ghetto, ma non solo) e nella lotta alla povertà.

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Foto @SilviaTracanna

Con in mente riflessioni come queste, lo scorso 13 dicembre, alcune centinaia di persone, cristiani e musulmani provenienti da diverse parti d’Italia, si sono riunite a Roma per dare testimonianza del percorso di dialogo e conoscenza reciproca che le vede impegnate nelle diverse città già da parecchi anni, e per mettere in comune le proprie riflessioni, idee e aspirazioni per il futuro. Una manifestazione non improvvisata, quindi, ma basata su quasi vent’anni di impegno quotidiano. Presenti a Piazza San Pietro con uno striscione su cui si leggeva “Cristiani e musulmani insieme, costruttori di pace”, a loro è stata dedicata l’esortazione del Papa ad andare avanti con coraggio sulla strada intrapresa.
La situazione attuale pone sfide inedite, e, come scrive il giornalista Michele Zanzucchi, ha bisogno di essere affrontata con armi non convenzionali: non bombe, ma “libri e accoglienza”. Iniziamo perciò dalle nostre vite, dalle nostre esperienze, dai nostri vicini. Iniziamo con l’essere, in prima persona, immagine dell’Europa che vogliamo vedere.

Emanuela Cavaleri

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