Siria, faremmo bene a ricordare.

Il conflitto siriano, che volge ormai verso il quinto anno, sfugge a qualsiasi controllo. Come ha correttamente scritto Bernard Guetta, il pericolo di un’escalation diventa sempre più reale. Gli interessi in gioco sono diventati molteplici, esattamente come gli attori esterni coinvolti nel conflitto. La crisi siriana è ormai un tavolo al quale si aggiungono sempre più sedie, un tavolo gestito dalle nazioni unite e dalle potenze in gioco nel conflitto, guardandosi bene dal far posto a chi avrebbe diritto a parteciapre alle discussioni, annunciando il fallimento, ancor prima di arrivare alle conclusioni, delle cosi dette conferenze di pace. Ginevra Docet. Così, continua ad essere tradito, giorno dopo giorno, il popolo siriano. A quali tradimenti mi riferisco? Basta fare un piccola e lucida analisi della storia contemporanea della Siria. Dopo gli accordi SyKet-Picot (1916) & la Dichiarazione Balfour (1917), di fatto atti coloniali che segnano la fine della “Greater Syria”, il presidente americano Wilson chiede l’istituzione della commissione King-Crane, la quale di ritorno da una spedizione in territorio siriano, riferisce che il popolo è contrario agli accordi di cui sopra, e il 70% delle petizioni raccolte, è contrario al focolare ebraico in territorio palestinese. Chiede inoltre che venga tenuta in considerazione la volontà popolare nelle manovre delle Nazioni Unite. Volontà ignorata. Popolo tradito. Siria smembrata. La Francia ottiene il mandato sulla Siria, le conseguenze nefaste non tardano ad arrivare. Concedetemi un salto in avanti. Al momento della successione al potere del presidente Bashar Al-Assad, vengono da questo promesse una serie di riforme economico-sociali, volte a migliorare la condizione del popolo siriano assoggettato allo “stato d’emergenza” dal 1963. Riforme mai attuate, forse impedite dai piani alti del partito Baath, arrocatto nei privilegi dell’era Assad padre. Popolo tradito, che si ribella, nella Damascus Spring (2000), ispirata dal “Manifesto of 99” contenente la volontà popolare e firmata da 99 intellettuali siriani. Rivolta repressa nel sangue. 2011. La storia si ripete, sollevamento popolare sulla scia delle “Arab Uprisings”. Il popolo chiede riforme. Repressione. Guerra civile. Conflitto regionale che si traforma in ghiotta occasione per giochi di potere internazionale e spostamento del focus su interessi ben lontani dalle richieste popolari. Così la Turchia combatte in Siria la sua guerra contro i curdi; l’IS continua lo sciame terroristico cavalcando la quiescenza di talune potenze internazionali; la Russia gioca a fare la superpotenza alla ricerca di prestigio geopolitico, le nazioni unite continuano ad essere vittime del loro stesso caos interno. Entra in gioco anche il conflitto religioso, così la Turchia ed i suoi alleati sunniti mirano alla fine della presidenza sciita ecc… Il popolo? Tradito, ancora una volta, anche dalle Nazioni Unite che consegnano gli aiuti umanitari ad esponenti del regime, perchè unico interlocutore da loro riconosciuto come ha scritto Francesca Borri su “tutte le colpe dell’Onu in Siria” . Come se non bastasse, cadono sotto le bombe anche i pochi presidii medici sul territorio bellico. Il conflitto siriano è sopratutto la più grande crisi umanitaria degli ultimi anni, faremmo bene a ricordarlo.

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