Continuiamo così, e i terroristi avranno vinto

Il disegno è chiaro. L’effetto mediatico, forse l’arma più potente in mano allo Stato Islamico, è stato sicuramente raggiunto. La convergenza del terrore è molto più efficace di singoli atti isolati, e aiuta a identificare gli attentati sotto un’unica matrice, sconfessando sul nascere qualsiasi eventuale tentativo di narrazione alternativa da parte dei governi.

Ci sono poche probabilità, infatti, che gli attentati in Tunisia, Francia e Kuwait non siano stati ideati da un’unica mente, o almeno coordinati da una stessa organizzazione. Al di là delle rivendicazioni ufficiali, altri elementi sostengono questa ipotesi. Quella di ieri non era una data qualsiasi, ma il primo anniversario della presa di Mosul (la capitale irachena del Califfato dell’Isis) e il secondo venerdì di questo Ramadan.

I terroristi hanno scelto di tornare a colpire in Francia e in Tunisia, forse in considerazione del successo lì raggiunto nei mesi scorsi.

L’attentato francese è stato meno sanguinoso degli altri, ma altrettanto efferato (un uomo è stato decapitato). Oltre a gettare nuove ombre sulla gestione dell’intelligence francese (nelle scorse settimane era stato lanciato un allarme specifico), l’evento intimorisce il resto d’Europa, che si sente sempre più vulnerabile di fronte alle proprie minacce interne. Fin troppo facile prevedere un’ondata di strumentalizzazioni da parte di quei partiti che basano la propria forza elettorale sulla paura. Bisognerà invece vedere se i cittadini europei cadranno nelle provocazioni o riusciranno a reagire in modo maturo.

La Tunisia ieri ha subito il colpo più duro, in termini sia di vite umane che di possibili conseguenze politiche. La strage sulla spiaggia di Sousse, di cui ancora non ci è dato conoscere le esatte proporzioni, è un tentativo palese di abbattere la fiducia verso il Paese più libero del Nordafrica. Se l’attentato del Bardo aveva già ridotto gli afflussi di turisti del 20%, le azioni di oggi rischiano di avere ricadute ancora più ampie. E le conseguenze potrebbero essere molto più gravi di quanto si possa pensare: il crollo del settore turistico destabilizzerebbe l’economia tunisina e quindi il suo governo, fondato su un fragile compromesso tra islamisti moderati e laici. La democrazia, in Tunisia, non è mai stata così a rischio.

L’attacco in Kuwait (meno rilanciato dai media, ma non meno cruento) con tutta probabilità è collegato ai primi due. L’obiettivo è stato una moschea sciita, centro di predicazioni “eretiche” per i jihadisti sunniti. Da questo punto di vista, l’attacco non stupisce: rientra perfettamente nella logica di contrapposizione tra sunniti e sciiti ormai costantemente alimentata dai miliziani Isis (e non solo loro). Modalità e obiettivi sono simili a quelli riscontrati nei recenti attacchi in Arabia orientale, condotti allo scopo di destabilizzare il governo saudita (ritenuto illegittimo custode della Mecca). Ciò che maggiormente inquieta, invece, è la destinazione degli attacchi: il Kuwait, benché situato al centro del Golfo persico e delle sue relative tensioni (oltre ad essere percorso dalla frattura sciiti-sunniti) è stato finora un Paese relativamente sicuro, quasi mai toccato dal terrorismo internazionale.

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La spiaggia di Sousse, dove ieri sono state uccise almeno 39 persone.

Come già sottolineato da diversi media, provocare il caos è la strategia prediletta dai jihadisti, perché la confusione genera paura e incertezza. E a loro volta, queste favoriscono la frammentazione.

Il Califfo evidentemente conosce i punti deboli di noi europei, perché in fondo sono gli stessi degli arabi e di qualunque altra società del mondo: siamo tutti portati a dividerci.

Dividerci innanzitutto negli Stati, all’interno delle nostre società. Tra cristiani e musulmani (come tra sunniti e sciiti), tra cittadini e governanti, tra xenofobi e “buonisti”. In assenza di valori e di identità comuni, il gioco è facile. Basta soffiare sulle tensioni latenti o sugli animi più incandescenti, per mandare all’aria qualsiasi progetto di integrazione o di responsabilizzazione. Ci sarà sempre qualcuno disposto a caderci (e qualcuno pronto a guadagnarci).

Ma dividerci anche tra gli Stati, in una realtà geopolitica sempre più frammentata. La lotta all’Isis ha portato tanti Paesi sotto lo stesso fronte, ma solo sulla carta. La realtà è molto più complessa, e vede tanti attori dagli interessi contrapposti “giocare” con lo Stato Islamico (e sulla pelle di siriani e iracheni). Basti pensare alle ambiguità della Turchia, o alle paure israeliane e saudite verso la preponderanza iraniana nella lotta all’Isis, per capire che il Califfo abbia più diviso che unito il Medio Oriente.

In Europa le cose non vanno diversamente. L’Unione europea è ai minimi storici di coesione e solidarietà, e se è vero che le sue divisioni hanno origini soprattutto interne, di natura economica e sociale, è anche vero che fatti come quelli odierni non aiuteranno a ricomporre l’unità tra i suoi Stati. Al di là della retorica della vicinanza, infatti, è difficile immaginare che gli attentati di ieri aiutino ad appianare i contrasti relativi alla distribuzione internazionale dei migranti, o alla costruzione di nuovi muri.

Divide et impera, quindi, la strategia del Califfo. Una tecnica forse banale, ma finora vincente contro un avversario passivo e distratto. E continuerà ad essere di successo, almeno fin quando continueremo a credere alla storiella dello scontro di civiltà, e guarderemo con sospetto il nostro vicino di casa musulmano.

Almeno fin quando penseremo che bloccare i migranti sia la soluzione per fermare le infiltrazioni terroristiche dell’Isis (ignorando le “conversioni” dentro i nostri confini).

Almeno fin quando continueremo a tapparci gli occhi, di fronte ai massacri in Siria (sperando che non ci riguardino, o che finiscano da soli).

Almeno fin quando faremo appelli a boicottare il turismo in Paesi come la Tunisia, nella comoda illusione che sia più a rischio di una qualsiasi metropoli occidentale. In effetti, isolare i nostri vicini in difficoltà sembra proprio una mossa geniale.

Continuiamo così, e i terroristi avranno vinto.

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