Family day: ma di quale famiglia parliamo?

Negli scorsi giorni si è celebrato il cosiddetto Gay Pride, ovvero un “movimento” (se così mi è concesso chiamarlo) che vuole gridare al mondo il proprio orgoglio (pride vuol dire proprio “orgoglio”) per l’essere gay.

Questa celebrazione cozza un po’ con quello che è accaduto il 20 giugno a Roma. Infatti, in quella data si è svolta una manifestazione a favore della “famiglia tradizionale” (anche se non capito bene quale sia la tradizionale e quale la “trasgressiva”).

La vicenda solleva degli interessantissimi spunti di riflessione, e vorrei portare avanti un discorso al riguardo.

Innanzitutto smantelliamo un po’ di ipocrisia: la protesta non mi sembrava tanto “a favore della famiglia tradizionale” (che è quella di Nazareth in fin dei conti), ma piuttosto una più “zuccherata” e meno aspra critica contro gli omosessuali. Sostenere che in realtà non si è detto nulla contro i gay sarebbe come dire “non protestiamo contro i maiali, ma contro la porchetta!”. Anche un padre single con tre figli (ebbene sì, esistono pure quelli. Benvenuti nel 21° secolo!) non mi pare così tradizionale. Ce la prendiamo anche con lui?

Comunque, non sono qui per criticare (troppo) quei manifestanti, ma voglio portare il lettore a vedere le cose sotto diverse prospettive.

Personalmente sono un convinto sostenitore del valore della famiglia. Sono cresciuto così, e per me la “Famiglia” è una valore fondamentale. Tuttavia, secondo me, per costituire un nucleo familiare non ci si può basare solo su fattori biologici. Famiglia, in sostanza, non significa affatto MAMMA+PAPÀ+FIGLI. Quella è solo la conseguenza di due persone che fanno l’amore per poi partorire l’affarino. Mica è detto che siano una “Famiglia”. Potrebbero anche pensare notte e giorno a come uccidere tutti gli altri senza farsi beccare dalla Polizia. Cosa fa allora di un semplice gruppo di persone una “Famiglia”? Non sono uno psicologo dei gruppi o uno psicoterapeuta familiare, ma proverò lo stesso a dare la mia versione. Attenzione, non farò i soliti discorsi usciti fuori da una puntata di metà stagione di Winnie the Pooh, del tipo “l’importante è che ci sia l’amore”. Queste cose (per quanto sia ovvio che è necessario che in una famiglia ci sia affetto) lasciamole ai cartoni.

* La prima cosa importante è che in una famiglia ci sia interdipendenza: ovvero, non esista il discorso “tu non fai niente, faccio tutto io”, in qualsiasi senso lo si intenda. È giusto che in una famiglia si percepisca il bisogno degli altri, la necessità che gli altri ci siano. Non è un problema “pratico” ma un problema psicologico. Devono esserci delle relazioni abbastanza forti da dire “senza di te (che sia uno dei genitori, o dei figli, o anche la zia mezza morta sul divano in preda ad una crisi epilettica) questa famiglia non ci sarebbe” e che sia percepito da tutti nei confronti di tutti.

* La seconda, è che la famiglia deve vivere esperienze, avere una storia, un vissuto comune, che li identifica in quanto “Famiglia Supermario Bros.” piuttosto che “mucchio di gente abitanti nelle stesse quattro mura”.

È importante, in sostanza, che la famiglia abbia la capacità di dire “noi siamo Noi. Noi abbiamo la nostra cultura, le nostre tradizioni, le nostre storie, e siamo importanti l’uno per l’altra, al punto da costituire (come disse Kurt Lewin) non tanto la somma delle singole persone, ma qualcosa di più e di diverso da quella somma. Noi siamo Noi, un gruppo, una famiglia, e siamo unici”.

È scontato che l’affetto sia alla base di tutto, ma non viviamo in uno spot della Mulino Bianco. La gente litiga, urla, ha dei conflitti con gli altri della famiglia e si può arrivare anche ad odiarsi. Impariamo che il mondo non è fatto di zucchero filato, ok?

Potrei sciorinare altri 3 o 4 concetti fighi di altrettanti 3 o 4 esimi studiosi, ma non è questo il punto.

Data questa “definizione” di famiglia (fin troppo semplice, ma fatto apposta perché non siamo ad un seminario di Psicologia), faccio una semplice domanda a quelle persone andate al Family Day: devi essere per forza etero per fare quelle cose? Se sei maschio e gay non riesci a pensare che il tuo partner o i tuoi figli (che potrebbero essere nati da un precedente rapporto etero, per cui “Fuck the biology!”) siano fondamentali? Il fatto di essere gay ti rende per caso insensibile e incapace di voler vivere la tua sacrosanta vita felicemente con la persona che ami (un po’ di Winnie the Pooh gliel’ho messo anche io)?

Non mi sembra che essere gay o etero costituisca un discriminante che legittimi o meno il fatto di avere una famiglia.

(FILES) A combination of pictures taken on May 12, 2015 shows new traffic lights showing female (L) and male (R) same-sex couples in Vienna. The Austrian city of Salzburg unveiled on June 18, 2015 gay-themed pedestrian traffic lights after the flashing signals specially installed in Vienna for the Eurovision Song Contest proved a hit.  AFP PHOTO / DIETER NAGL

Cari partecipanti al Family Day, provate a mettere il naso fuori di casa, perché sono convinto che gli omosessuali non li abbiate mai davvero visti. Non sono altro che altre persone che si vogliono bene, che vogliono condividere una storia con qualcuno e che vogliono solo sentirsi un po’ meno sole in questo mondo. La preferenza sessuale non credo sia un limite per costruire una famiglia. Sono semplici persone come vostro fratello, vostra sorella, i vostri amici, i vostri colleghi e il vostro panettiere di fiducia. Vogliono solo vivere la loro vita in pace, tutto qui.

Vi pongo infine un’ultima domanda. Se la famiglia è un dono di Dio creata per suoi figli, e omosessuali non si diventa ma si “nasce”, le logiche conseguenze possono solo essere due: o i gay sono stati generati da un magico capretto incantato con l’aiuto delle sfere del drago di Dragon Ball, oppure i gay, in quanto esseri umani come tutti noi, hanno anche loro diritto a una famiglia. Trovate voi la giusta conclusione.

Simone Licciardello

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