Finché concorso non ci separi

Ho una lunga playlist sul mio cellulare, per fortuna, solo così la mia giornata passerà senza troppi traumi. Destino che oggi condivido con centinaia di altri accompagnatori qui a “fiera di Roma”, sede del concorsone per 800 assistenti giudiziari.
Sono circa 300.000 (trecentomila//00) i partecipanti, suddivisi in venti giorni e stivati come bestiame proveniente dalla Bulgaria nei peggiori anni ’90.

Occhi rossi dal sonno, sveglia alle cinque del mattino e due ore di treno per raggiungere la meta (vi risparmio il volo isolano del giorno prima). C’è una strana confusione oggi, la periferia romana non è mai così affollata la mattina. Si fa amicizia subito, sono difficili da trovare le differenze tra chi sta facendo lo stesso percorso e, senza accorgersene, si finisce per condividere le proprie storie.

Marta è lucana, ha 46 anni, una laurea ed una specializzazione in Economia. Guadagna seicento euro al mese e continua a ripetere: “avrei dovuto ascoltare mio padre quando ancora era in vita, mi diceva sempre di provare i concorsi”. Ci sono due sorelle emiliane, la più giovane lavora a Genova mentre la maggiore ha una bambina di tre anni e lei un lavoro lo cerca da anni: “il pubblico ti da qualche garanzia in più, nel privato è una roulette, lì (luogo del suo vecchio lavoro) chi restava incinta andava direttamente a casa e senza passare dal via”.
Questa lenta via crucis finisce all’entrata della fiera dove si sosterrà la prova del concorso. Nove bagni chimici, la fila per entrare ed una fuga inorridita una volta entrati.

Il lavoro non dovrebbe spaventare, mai. Proprio per questo migliaia di persone hanno creato questo “via vai” a Roma nel mese di Maggio, basti pensare che i concorsi pubblici fanno guadagnare alla città capitolina quanto il giubileo. Sua magnificenza “posto fisso”.

Tutti qui facciamo uno sfacciato tifo per le persone che abbiamo accompagnato al calvario, qualcuno prega, altri scrutano i piani astrali. Tutti però ci poniamo la stessa domanda: perché l’esigenza di farlo qui e non procedere su “base locale” in un’unica giornata?
Sarà un unico calderone, per intenderci qualcuno di Lamezia finirà a Bolzano e viceversa. Che senso ha?! Come se la “buona scuola” non ci avesse già mostrato un piano fallimentare.

Vorrei tornare a giocare a pallone sulle scale della chiesa. In questo momento vorrei stare lì, con qualche capello in più e dei pantaloni corti, per poi correre al bar a chiedere un bicchiere d’acqua freddissima. Invece sono seduto su un marciapiede nei pressi di una rotatoria stradale, sto litigando l’ombra con il mio vicino di posto. Una signora, anziana e paffuta, mi sorride. I vigili urbani montano il loro autovelox. Sono lontano da me. Speranza e disperazione si confondono spesso quando in Italia si parla di lavoro.

Comments are closed.