La cultura molestata

Ok, allora mettiamo bene in chiaro una cosa.

Io cerco con tutte le mie forze di fare quella distaccata, quella diplomatica, quella politically correct come dicono in tivù, però anche voi, santo iddio (fulminali!), aiutatemi.

Aiutatemi a pensare che il mondo non sia un branco di cerebrolesi che con tutta la pergamena di laurea, pagata in marche da bollo e colpi di culo da ultimo ripasso, non riesce a pensare. Cioè, avete passato anni e anni delle vostre illustrissime vite dietro un banco, davanti un libro, cavolo! Non posso credere che non avete ancora imparato niente, ma anche solo per osmosi, chessoio.

Avevo deciso di scrivere questa pagina citando il concetto di egemonia di Gramsci, l’uso legittimo o meno della forza di Weber, l’importanza del contesto nella sociologia della devianza, ma porca miseria visto che ‘ste cose le studiano solo quegli sfigati di scienze politiche e sociologia, che con la pergamena di marche da bollo e colpi di culo ci si asciugano solo le lacrime da eterni precari (quando va bene), basta! basta coi buonismi. Nessun riferimento teorico, nessun riferimento filosofico, parliamo con toni e in maniere che rasentano il suolo su cui ha appena pisciato il carlino obeso e puzzolente della mia vicina.

La differenza fra un buon insegnante e un insegnante di merda (quello stronzo ha una categoria a se, di solito si ritrova accanto ai bambini non battezzati di Dante però la coda che Minosse avvolge su se stesso per indicare il cerchio dell’inferno viene avvolta alla loro gola, ma questo è un altro discorso) è che l’insegnante di merda ti fa imparare a memoria la Pioggia nel pineto, il buon insegnante è quello che a memoria te la fa imparare comunque, ma ti spiega la metrica, il significato, e il contesto storico e culturale nel quale è inserita. D’Annunzio a scuola mi faceva cacare, tutta quella storia sul fascismo, sulle due costole, insomma, un po’ di malu sangu (antipatia viscerale ndr), però ho amato quella poesia, e l’ho amata per il modo in cui la mia professoressa me la spiegò, per come mi portò a capire che a prescindere dalle antipatie e dalle umane, il più delle volte stupidissime, considerazioni non supportate da studio, quella poesia è un capolavoro.

Tutta sta fuffa sull’importanza, ancora non compresa, della scuola (è un cane che si morde la coda visto che questa consapevolezza può darla solo la scuola) è perché tutto, davvero qualunque cosa, anche in maniera indiretta, può essere spiegata dalla cultura. Pensateci: il modo in cui mi vesto è frutto della mia cultura occidentale, la stessa che permette alle ragazze di vestirsi con il risvoltino ai jeans quando ci sono -4° ma vabbè; i cibi che mangio sono frutto della mia cultura meridionale, vorrei proprio vedere uno svedese che mangia arancini fritti, crispelle fritte, iris al cioccolato fritte, schiacciate con dentro tutto il giardino dell’Eden, o esplode il suo intestino o implode come una stella trasformandosi in un buco nero; il mio modo di parlare e comportarmi è frutto della mia cultura italiana, ci prendono per cretini in tutto il mondo per la gestualità esagerata che abbiamo, solo che noi riusciamo a capirci in due mosse, alla faccia dei cretini.

Insomma tutto è cultura.

La religione proviene dalla cultura, l’economia proviene dalla cultura, la società è l’incarnazione di un tipo di cultura.

Anche la stupidità è cultura, che manca.

Ieri non sono uscita. Che idiota! Ho cercato di studiare, visto che mi allargo tanto la bocca con lo studio e ancora non mi sono laureata, quindi rimango a casa a studiare. Verso le 11 non capivo più niente e siccome non avevo più voglia di accendere il cervello ho messo Porta a Porta, Rai 1, e devo pure pagare il canone, vabbè. C’era il solito leghista che trasuda spacchio (la traduzione letterale non ve la do, diciamo che vuol intendere “superiorità manifesta e per niente giustificata, ndr) e che non capendo una ruspa di politica estera, immigrazione e umanità parlava dei fatti di Colonia, della abominevole molestia collettiva che hanno dovuto subire più di 120 donne (queste sono quelle che hanno denunciato).

Ora, capisco che siete figli di un sistema scolastico di merda, dove i professori vi facevano imparare a memoria i nomi dei sette re di Roma e le date della guerra dei sei giorni senza spiegarvi le cause, le motivazioni e i contesti, però santissima Montessori, ma che ci vuole a capire che la religione e la nazionalità di quegli stronzi, infami, bastardi (oh ciao papà, non continuo lo giuro!) dei tizi di Colonia non c’entra nulla con ciò che è successo. Alcuni tedeschi vogliono chiudere le frontiere, “le donne tedesche sono terrorizzate dagli immigrati” (i giornalisti, che fottuti geni dell’idiozia). A parte che già si parla di gente di nazionalità tedesca, americana e slovena fra le file di questi maiali, ma a prescindere da ciò, che c’entra la religione o la nazionalità?

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Si ritorna sempre allo stesso sillogismo squallido e trito del “ah quindi io sono siciliana e quindi sono mafiosa”. Però alla fine Aristotele proprio un cretino non era, il sillogismo sarà riduttivo e un po’ forzato, ma alla fine dire “chiudiamo le frontiere ai musulmani perché stuprano le nostre donne” è lo stesso di dire “chiudiamo i siciliani in Sicilia perché sono mafiosi”. Vi fa ridere il sillogismo? Anche a me! Ma davvero un sacco! Il fatto è che in questi giorni, da quando cioè la perfetta Germania ha deciso di rendere nota la notizia sulle merdate di Capodanno (perché non ci credo che in una piazza di Colonia, che non è esattamente il mio paese, giorno 31 dicembre ci fossero solo femminucce in giro), ho sentito solo dire che il fenomeno dell’immigrazione è un fattore negativo perché porta con se la misoginia. Ecco io qui rido un sacco.

Eh no! Eh no cari maschietti e femminucce idiote, non potete passarla così liscia! Non potete imputare la merda della misoginia, della sedicente superiorità dell’autorità maschile sulla donna, l’idiozia del sesso debole, alla religione! Minchia facile così! Allora basta sterminare tutti i musulmani ed è fatta. No signore e signori, tutto ciò fa riferimento a qualcosa di meno manifesto, di più sottile, di più profondo, radicato, quasi invisibile talmente è presente endemicamente nella società: è cultura.

Quelle donne a Colonia sono state molestate e una è stata violentata non perché quei pezzi di merda sono musulmani, ma perché l’uomo crede che la donna sia una sua proprietà. Come si fa per i figli, per i cani e per le borse Mark Jacobs.

Perché nel 2016 quando un uomo mi dice che devo scegliere se lavorare o fare la madre, io mi sento molestata. Perché quando sono in giro e il ragazzo ci prova e se non ci sto mi dice che sono frigida, io mi sento molestata. Perché quando mi dicono che devo sposarmi per sentirmi una donna completa, mi sento molestata. Perché quando sto lavorando al pub e il tizio al bancone fa battute sul mio corpo, sono molestata.

Non c’è religione e nazionalità nell’idiozia, nella presunta superiorità maschile, non c’è giustificazione alcuna per uno stupro, per una molestia, qualunque essa sia. E’ mancanza di cultura.

Quindi signori miei, apritelo qualche volta un libro, non diventate insegnanti se volete guadagnare senza darvi completamente, non fate figli se dovete insegnare alla bambina a fare il letto suo e del fratello, viaggiate, confrontatevi, non abbiate paura del diverso, abbiate paura di chi rimane sempre uguale, di chi non esce mai dalle proprie chiuse mura, diffidate dalla semplicità delle spiegazioni, non è facile fare una cheesecake figurarsi capire il mondo, abbiate l’intelligenza di capire quanto è importante sapere a chi imputare le colpe, senza trovare capri espiatori e poi organizzatevi, moltiplicatevi, diffondete e coinvolgete. Non c’è niente di più forte dell’organizzazione.

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