L’esercito degli sfigati

 

Sono una sfigata. Figlia di una generazione che mi ha fatto diventare sfigata. Sorella, amica, amante, complice, nemica, cugina di una generazione sfigata.

Come sempre quando metto mano alla intonsa pagina bianca di word, sono incazzata. Una delle cose che mi fanno più incazzare sono le prese in giro. Soprattutto se quelle prese in giro riguardano il mio “futuro” e il modo in cui poter comprare una birra di sottomarca alla Lidl senza chiedere a mia madre due spiccioli. Alla fine mi accontento della sottomarca, ma almeno voglio comprarla io.

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Oggi, armata di una bomba atomica che riporta su l’etichetta “volontà” sistemo il mio scarno curriculum, lo coloro, ci schiaffo una bella foto in cui sembro una appena uscita dal SERT, rileggo tutto con accanto il pc aperto su “come fare un CV vincente: 10 consigli per essere assunti” (li denuncerei per entusiasmo ingannevole) e mi reco al Job Day organizzato dall’Università di Torino.

Cos’è un job day? Prima delle 14 di quel pomeriggio avrei scritto che è un evento a cui partecipano alcune aziende del territorio, una giornata di orientamento al lavoro, in cui hai la possibilità di presentarti, fare un breve colloquio confrontandoti con altri sfigati.

Alle 19:53, mentre neanche Debussy riesce a calmarmi, vi spiego che il job day è una presa in giro.

Un modo per farti sentire uno sfigato cronico, per farti perdere tempo, che tanto visto che sei uno sfigato, tanto non te ne fai niente, una giornata in cui fai file chilometriche davanti a stand di tizi più stanchi di te, uno scenario tra il grottesco e l’horror in cui laureandi e laureati si trascinano come zombie ben vestiti (il dress code è una delle regole auree delle risorse umane) blaterando competenze di cui le aziende se ne strafottono visto che di pratico hai poco.

L’esercito dei laureati senza esperienza che cerca uno stage (un lavoro? dai su, non ci credete neanche voi), dei frutti maturi del “prenderemo in esame la sua candidatura”, delle speranze che vanno in fumo.

Mi sono fatta 3 ore di file per sentirmi dire “benissimo, lasci pure il suo CV, la rincontatteremo” o, peggio ancora “può presentare la sua candidatura sul nostro sito”.

Quindi, nell’elenco de “le frasi assurde durante la ricerca di un impiego” devo segnare anche il brevissimo dialogo con la recruiter di una nota multinazionale che faceva pressappoco così:

“Buongiorno, vorrei sapere se vi sono posizioni aperte presso la vostra azienda, mi ha sempre attratto il vostro marchio e poter avere la possibilità di accedere ad uno dei vostri stage sarebbe entusiasmante”

“Buongiorno, guardi non so se ci sono candidature aperte, ma può controllare sul nostro sito, buona giornata, avanti un altro prego”

Sclero contenuto dalla giacca della laurea che già mi va stretta.

Lei mi guarda aspettandosi che mi levi dai piedi, io la guardo, vado via. Poi torno.

“Scusi se la disturbo ancora, ma lei, esattamente, oggi perché è qui?”

“Come scusi?”

“Lei perché oggi si trova qui?”

Risatina di lei come per dire “questa è deficiente”

“Ha ragione, è una domanda difficile. Riformulo. Lei perché oggi è qui, al giorno del lavoro se non sa chi/cosa state cercando e se mi invita a caricare il mio cv sul vostro sito aziendale? No perché questo potevo anche arrivare a capirlo da sola”

Imbarazzo.

Mi vado a fumare una sigaretta.

Non sono un medico o un ingegnere, ho scelto di studiare qualcosa che mi piaceva e non qualcosa che mi portasse a trovare subito qualcosa che si potesse chiamare lavoro, non so se la scelta è stata giusta, non mi interessa neanche più capirlo, so solo che tra gli sfigati conosciuti oggi si è presentata una laureanda in lettere classiche che mi ha detto “il mondo ha bisogno di sperare che anche ciò che non si produce in ingegneria o in medicina ha un valore e che questo non è legato al profitto”. E niente, non ricordo neanche il nome ma le ho augurato di diventare il prossimo premio Nobel italiano.

Non c’è alcuna morale in questa storia, non c’è nessuna profonda riflessione sulle politiche da dover attuare per rilanciare il mercato morto, cremato e sotterrato del lavoro giovanile, non c’è nulla di nulla, come nulla c’è da vedere nelle centinaia di ragazze e ragazzi che investono ogni giorno se stessi, le proprie famiglie e il proprio futuro su una cosa che è più aleatoria di un qualunque dio religioso. E ancora mi vengono a parlare del fertility day.

Ecco: il papello da sfogo da sfigata incazzata l’ho fatto. Nel frattempo youtube ha deciso di sfanculare Debussy e passare direttamente alla marcia funebre di Chopin e fra poco sento che arriverà il De Profundis di Mozart e le mie bestemmie perché non so neanche che mangiare a cena. E amen.

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