L’Italia si oppone alle sanzioni contro la Russia: i motivi del no

Ha sorpreso la decisione dell’Italia di porre il veto – in sede UE – al rinnovo automatico delle sanzioni contro la Russia. Lo hanno sottolineato in molti, nonostante la stampa italiana abbia quasi del tutto ignorato la notizia.

Mercoledì infatti, gli ambasciatori dei 28 erano riuniti a Bruxelles per votare l’estensione delle sanzioni contro la Federazione russa in vigore per la questione ucraina. Il no dell’Italia ha colto di sorpresa la presidenza che ha rinviato la decisione alla prossima riunione dei ministri degli esteri. Roma ha giustificato tale decisione con la necessità di un dibattimento politico sulla questione.

Certo, la coincidenza del voto con la contemporanea visita del ministro degli esteri italiano Gentiloni a Mosca ha lasciato poco spazio alle interpretazioni. Le ragioni del disallineamento italiano potrebbero essere principalmente due:

La prima è di carattere puramente economico. Dopo le sanzioni contro la Russia, il paese che più è stato danneggiato dal mancato export verso la Federazione è proprio l’Italia. Nei primi 8 mesi di sanzioni infatti, le esportazioni italiane verso il gigante asiatico sono crollate del 30%, bruciando oltre 2 miliardi di euro, specialmente nel comparto agroalimentare. La pressione dell’imprenditoria italiana, piccola e grande (Finmeccanica ed ENI) potrebbe aver influito sulla decisione finale.
La seconda ragione potrebbe essere una risposta di Roma al silenzio (e disinteressamento) degli alleati per la questione libica. Da tempo infatti, il governo italiano chiede che il cosiddetto “dossier Libia” venga esaminato ed affrontato al pari di quello siriano, sia in sede europea che presso la NATO.

Il rischio, secondo l’Italia, è che la Libia si trasformi in un secondo “hub” dell’Isis, questa volta alle frontiere meridionali d’Europa. Il Mare Nostrum potrebbe quindi trasformarsi in un vero e proprio terreno di guerra. Guerra che costringerebbe l’Italia, così dipendente dalla stabilità mediterranea, ad intervenire d’urgenza. Roma vuole evitare che questo catastrofico scenario si realizzi. Non a caso, il pressing diplomatico italiano, evidente soprattutto negli ultimi incontri di Renzi con Hollande e Putin, dimostra l’urgenza (perlomeno da parte italiana) del caso libico.

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A tal proposito, il governo italiano ha organizzato un vertice internazionale che si terrà a Roma il 13 dicembre prossimo insieme ai maggiori players regionali.
L’iniziativa diplomatica italiana però, lascia tiepidi gli alleati. Stati Uniti e Regno Unito, sembrano restii nell’impegnarsi seriamente alla risoluzione della questione libica, dimenticando che la principale causa dell’attuale instabilità del paese nordafricano è lo sciagurato intervento militare anglo-francese del 2011, avallato dalla NATO, Italia inclusa. Appare chiaro poi, che la Libia dovrebbe essere in cima alle priorità europee non soltanto per stabilizzare l’intero Nord-Africa, garantendo così una maggiore sicurezza anche a due paesi chiave come Tunisia ed Egitto, ma anche un modo per arginare o controllare l’emergenza immigrazione e le tante tragedie che si verificano nel Mediterraneo.

Renzi potrebbe quindi aver voluto lanciare un segnale ponendo il veto al rinnovo delle sanzioni, in cambio di un appoggio russo (presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU) per una risoluzione sulla Libia.
Tale ipotesi, sembra trovare conferma dopo le dichiarazioni del ministro degli esteri di Mosca, Lavrov, che durante un bilaterale con l’omologo italiano Gentiloni, ha dichiarato che la Russia è pronta a sostenere l’azione italiana in Nord Africa. Quale possa essere questa azione però, nessuno lo sa. Attualmente in Libia vi sono due governi, in lotta tra loro e un’azione militare esterna, anche con l’avallo dell’ONU, sembra utopistica.

Le due fazioni libiche, una con base Tripoli, sostenuta da Turchia e Qatar, l’altra a Tobruk, spalleggiata da Emirati, Egitto ed Italia, sembrano avere obiettivi opposti. In più, l’Italia da sola potrebbe fare ben poco. Lo sforzo economico e militare sarebbe notevole senza contare i rischi collaterali, come terrorismo e sicurezza interna.

Un’eventuale assist, potrebbe arrivare dal Cairo. Da tempo, il governo egiziano guidato dal generale Al-Sisi, chiede un intervento militare per sostenere le truppe libiche del generale Haftar, capo del governo filo-occidentale libico di Tobruk. Per evitare di ritrovarsi nuovamente messa all’angolo e scavalcata dalle decisioni e dagli interessi altrui, il governo italiano – certamente a conoscenza dei piani di Al-Sisi – potrebbe decidere di approfittare dell’azione egiziana in Cirenaica per lanciare un’operazione contro gli scafisti sulle coste della Tripolitania.
Ad oggi però, ogni piano militare sembra congelato, in attesa che la diplomazia italiana compia l’ultimo sforzo, proprio con la conferenza del 13 dicembre. Conferenza che, dovrà archiviare i negoziati Onu portati avanti sinora e ripartire da zero.

Del resto, il premier Renzi è stato chiaro durante una recente intervista al Corriere della Sera: L’Italia non seguirà la “moda” dei bombardamenti senza una strategia di lungo periodo. Il riferimento, nemmeno tanto velato, ai raid in Siria compiuti da alcuni alleati, potrebbe essere l’appoggio che il presidente Putin chiedeva in cambio di un impegno per la Libia.

Fantapolitica? Forse. Ma come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina.

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