L’unità europea esiste: le ragioni di Parigi.

La tragedia degli attentati di Parigi, del 13 Novembre scorso, ha riportato il terrore del terrorismo (mi si perdoni il gioco di parole) nel vecchio Continente. 130 morti, il modo in cui tante persone semplici, non diverse da noi in effetti, sono state assassinate mentre cenavano in un ristorante o assistevano ad un concerto ci ha sgomentato. Ognuno di noi si è immedesimato nell’ormai celebre signora incinta che, pur di fuggire dai terroristi, si è aggrappata alla finestra del Bataclan.

Nei giorni successivi, il cordoglio è stato pressoché unanime. Tutto il mondo si è stretto attorno alla Francia e ai francesi. Dai monumenti, alle semplici immagini del profilo di Facebook, ognuno ha voluto dimostrare la propria solidarietà, genuina (si spera) o no. Nelle stesse ore però, in rete e nei principali centri di discussione e aggregamento è stata posta un’altra domanda, più polemica si, ma sostanzialmente corretta. Posta più o meno in questi termini:

“Perché l’Europa e il mondo hanno dimostrato uno choc così profondo per gli attentati di Parigi, mentre ogni qual volta un attentato uccide 10, 50 o 100 persone in Medio Oriente o Africa la copertura mediatica e la risposta dei cittadini “normali” non è la stessa?”

È innegabile che il mondo occidentale (stride molto questa parola, lo so) si senta quasi “vittima” e che ogni singolo attentato in Europa o negli Stati Uniti assuma connotati simili a quelli di un vero e proprio attacco al cuore delle democrazie. Da Copenaghen a Oslo passando per la redazione di Charlie Hebdo, ogni evento verificatosi in Europa ha sostanzialmente ottenuto una copertura mediatica (e conseguentemente d’opinione) molto diffusa. Personalmente però, non credo che sia solo una questione di “peso specifico dei morti” (mi si conceda questa tetra espressione). Si, è altrettanto innegabile che la morte di un cittadino occidentale vale spesso di più (sempre in termini mediatici) rispetto a quella di un tunisino o un giordano. Ed è terribile, oltre che profondamente ingiusto.

Nella tragica vicenda di Parigi però, a mio modesto avviso, il cordoglio degli europei è stato vero e genuino. Il lutto nazionale, proclamato in molti paesi dell’Unione, le bandiere a mezz’asta nelle principali piazze del Continente, da Stoccolma a Porto, fino a Brno o Palermo e le fiaccolate in quasi ogni città d’Europa hanno dimostrato al mondo che si, l’Unione Europea ha i suoi problemi. Che si, l’Europa arranca, sembra aver perso la speranza per il futuro e che si, l’Europa ha paura.Ma per la prima volta, il sentimento di appartenenza ad una famiglia comunitaria si è manifestato apertamente. Non solo da parte dei giovani, la cosiddetta “generazione Erasmus”, più adatta e adattata all’integrazione comunitaria, ma anche da coloro i quali che, giorno dopo giorno, criticano il progetto di un’Europa Unita.

Lo choc, la rabbia e la voglia di reagire non ha coinvolto solo i francesi. Ogni cittadino europeo ha vissuto la notte del 14 Novembre come un attacco alla propria città. Quasi come se oltre Parigi, fosse stata colpita Londra, Roma, Lisbona o Varsavia. Nelle ore immediatamente successive agli attentati, migliaia di persone si sono radunate davanti le ambasciate francesi in tutta Europa, deponendo mazzi di fiori; Anche lo sport del Continente ha voluto omaggiare le vittime e la Francia intera. In tutti i campionati di calcio d’Europa, prima di ogni match è stata suonata la Marsigliese, cantata da quasi tutti gli spettatori. E dopo una settimana? Il timore che l’ondata di solidarietà potesse in qualche modo spegnersi è stato disatteso. Non solo Parigi ha reagito, tornando a vivere, ma l’Europa non ha dimenticato. Concerti, mostre ma anche scuole ed università continuano a ricordare gli eventi parigini.L’Europa c’è. Un piccolo barlume di speranza di un Continente che cerca di ritrovare l’orgoglio perduto. Klaus Kinel disse: “L’Europa non può nascere da un contratto. O nasce dai cuori dei suoi cittadini oppure non nasce.”

Chissà che da un evento tragico, non possa scaturire qualcosa di buono.
L’Europa non è un luogo, ma un’idea.
(Bernard-Henri Lévy)

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