Milano e Torino al voto: partite urbane, significati nazionali?

Le elezioni amministrative della prossima primavera rappresentano uno snodo cruciale per l’Italia e per il suo sistema politico che si interfaccia con la costruzione europea vacillante e con un tessuto sociale che, pur mostrando sicuri segnali di dinamismo, appare sfibrato e stanco per i postumi della grande recessione. Si guarderà con attenzione ai risultati delle elezioni nelle grandi città, ciascuna interessata da evoluzioni e sofferenze peculiari. Sarà un occasione per testare il grado di maturità delle forze politiche in campo in vista degli appuntamenti successivi: il referendum che accoglierà o respingerà la riforma costituzionale elaborata nel corso di questa legislatura e le elezioni politiche, queste ultime dalla data sempre incerta ma sicuramente fondative di una nuova Repubblica (diremmo la terza Repubblica), proprio per la profondità dei mutamenti, di fatto oltre che di diritto, che la riforma costituzionale potrebbe innescare. Se volessimo passare in rassegna i vari attori politici per come questi sembrano porsi ai nastri di partenza della maratona delle amministrative, parrebbe d’obbligo muovere dalla figura del Presidente del Consiglio in carica, da Matteo Renzi e dal “suo” PD. Il Partito Democratico al tempo di Matteo Renzi ha certamente abbandonato alcuni connotati tradizionali dei partiti socialdemocratici europei e sta probabilmente scontando alcuni smottamenti nelle costituencies tradizionali in ragione di alcune controverse riforme. Ci riferiamo alla riforma del mercato del lavoro e alla riforma della scuola che potrebbero aver inferto una cesura dolorosa rispettivamente con la manodopera sindacalizzata e con il ceto impiegatizio scolastico, un tempo solidi bacini elettorali del centrosinistra. Ovviamente non è affatto detto che il malumore trapeli nettamente nel voto delle città: spesso gli italiani hanno mostrato di saper esprimere un voto maturo quando si è trattato di affidare le chiavi delle città e l’analisi dei risultati elettorali talvolta ha mostrato opportuni strabismi – nella stessa città – tra voto nazionale e voto locale. Infatti, nel tempo della politica personalizzata, gli elettori italiani prestano più attenzione alla credibilità del singolo candidato che a quella delle compagini politiche e tale approccio si esprime al meglio nelle tornate elettorali comunali, imperniate sull’indicazione diretta del sindaco.

Così, nell’elaborazione dell’offerta politica comunale, al Partito Democratico tocca mostrare che il rinnovamento renziano impostato a Roma, comunque inteso e comunque i nostri lettori possano valutarlo, scenda per li rami delle città al voto. A Torino sembra giocarsi una partita rischiosissima. Si può dire che la città abbia oramai staccato con sicurezza il cordone ombelicale che la legava all’industria automobilistica e che nell’ultimo decennio abbia gestito con intelligenza un ripensamento come città dei servizi, complice il ruolo sempre propulsivo delle fondazioni bancarie locali. È proprio rispetto alla natura del rapporto tra l’amministrazione cittadina e il mondo bancario locale che il Movimento 5 Stelle cittadino sembra lanciare un deliberato guanto di sfida al Partito Democratico e a Piero Fassino. Quest’ultimo, sindaco in carica, eletto nel 2011 con percentuali bulgare, potrebbe oggi apparire una candidatura sbiadita e di continuità perché troppo legata a relazioni di potere belle e sedimentate, relazioni magari tossiche agli occhi delle realtà urbane emergenti, escluse. Tale senso di esclusione potrebbe dunque esprimersi nel voto alla candidata grillina, Chiara Appendino, manager laureata alla Bocconi, candidatura di qualità, magari in grado di riscattare certi spontaneismi ed errori di gioventù del Movimento 5 Stelle.

Francesca Balzani
Francesca Balzani
Chiara Appendino
Chiara Appendino

 

Milano attende l’appuntamento delle primarie che decideranno il candidato sindaco del centrosinistra. Renzi, con la spregiudicatezza che gli è propria, ha promosso la candidatura di Beppe Sala, uomo in passato legato alle amministrazioni di centrodestra ma offerto come figura civica di qualità in ragione dei successi riscossi come manager dell’Esposizione Universale 2015. Il senso di queste primarie si gioca nella gestione dell’eredità dell’amministrazione Pisapia, amministrazione che sembra aver dosato con intelligenza progressismo e rispetto della tradizione borghese e moderata della città. Il risultato delle primarie ad oggi è incerto. L’assessore uscente Francesca Balzani, che mentre scriviamo incassa il sostegno a sorpresa di Giuliano Pisapia, rivendica, non a torto, di saper meglio tesoreggiare i risultati dell’amministrazione di centrosinistra. La partita milanese per il centrosinistra sembra comunque già vinta, complice il totale disorientamento di Silvio Berlusconi e del centrodestra, disorientamento che quasi ispira compassione e nostalgia in chi scrive, essendo cresciuto concependo una certa sovrapposizione ideale tra la milanesità e il berlusconismo. Concludendo, stante la varietà delle situazioni locali, non sarà intuitivo ricostruire il senso di marcia del Partito Democratico e del sistema politico dai risultati delle amministrative. Ma il lettore stia certo che, in fondo, il circuito politico-mediatico saprà ricavarne un’astrazione… benché autoreferenziale.

Alessio Lombardo 

Comments are closed.