L’inutilità dell’antimafia

E niente, oggi è il 9 maggio, oggi è una data importante.

Quando abitavo a Catania, con alcuni colleghi dell’università, alcuni sciacqualattughi che pensavano di poter davvero cambiare qualcosa una volta diventati grandi, ogni 9 maggio armati di panini e di canzoni comuniste, andavamo a Cinisi.

Cinisi è un buco di culo in provincia di Palermo. Ci viveva un ragazzo di nome Peppino Impastato. Ora, se non conoscete il nome di Peppino potete anche chiudere questa pagina web sentendovi delle merde, se lo conoscete solo perché i Modena ci hanno scritto una canzone, non andate su wikipedia, non leggete articoli, vi faranno venire una depressione che manco i film di Muccino. No, cercate le puntate di Radio Aut, del programma Onda Pazza. Capirete da solo perché Peppino, il 9 maggio del 1978, fu ucciso. Non tanto per ciò che scopriva, in Sicilia, per fortuna, c’è molta gente che sa, molta gente che sa e che denuncia. No, non fu ucciso per ciò che sapeva, ma per come lo diceva.

Vedete, in Sicilia la forma con cui esplichi i tuoi pensieri è importantissima, gli appellativi da usare, le forme verbali, i tempi, gli accenti, i toni devono tutti essere commisurati alla situazione e, soprattutto, devono essere calibrati in base alla figura con cui interagisci.

Con gli anziani non puoi dire “Ciao” ti devi rivolgere con il Vossignoria, utilizzando il passato remoto, mostrando rispetto e referenza nei gesti. Può apparire troglodita, forse lo è, ma è una cosa che t’insegna a misurare parole e gesti in funzione del contesto. Ha un interessante risvolto sociale e comunicativo. E’ tutta una questione di rispetto.

E Il rispetto, in Sicilia, è tutto.

Ecco, Peppino fu ucciso perché non mostrava rispetto. Ridicolizzava la mafia, l’atteggiamento mafioso, gli attori che a esso si rifacevano, fottendosene della forma. Se non paghi il pizzo la mafia può anche mostrarsi clemente, forse, ma se non mostri rispetto, beh, so’ cazzi tuoi.

A Cinisi ancora oggi, al passaggio di quei 4 gatti che ancora vanno a ricordare quel giorno buttanissimo e quel coraggio che è di pochi, le porte delle abitazioni sono chiuse, nei bar i vecchi ti guardano e non ti parlano. E’ una cosa che mi ha sempre lasciata con la bocca aperta, il disgusto per tutto ciò era superato dalla sorpresa del silenzio di quel paese bruciato dal sole e arrugginito dalla salsedine.

Ne esistono poche persone come Peppino, e ne esistono poche perché non è facile fare antimafia, farlo senza cadere nei luoghi comuni propri dell’antimafia, farlo senza che questa sia esageratamente di facciata, tutta comunicazione e cordogli, stando però fermi, aspettando che le persone che devono facciano qualcosa.

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Prima di condividere il contenuto della citazione, assicuratevi della sua veridicità. Google aiuta chi ne ha bisogno.

E’ di questi giorni la bomba mediatica sulla presunta estorsione perpetrata da Pino Maniaci. Io non so se è innocente (e dio solo sa quanto vorrei che lo fosse), non so se ha manie da megalomane latin lover, non so se è un uomo come tanti altri che in presenza di una vagina rincoglionisce, non so nulla, né voglio ergermi a giudicatrice che esamina le colpe altrui. So solo che Telejato è una realtà che non può e non deve morire per i presunti sbagli altrui, una realtà che ha dato risposte, che ha fatto azioni nell’immobilismo di una sedicente antimafia che porta fiori nei luoghi dei morti della mafia ma che, nella vita di tutti i giorni, si adagia sul “non mi riguarda”.

L’antimafia è in crisi, dicono. Ma che cos’è l’antimafia?

Io che sono un’ignorante patentata la comprendo solo in un modo. L’antimafia è educazione e partecipazione.

Quindi, signori della corte di Facebook, non mi venite a triturare le ovaie sulla schifezza di un Sud Italia che si piange addosso perché dimenticato dalle promesse di uno stato fatiscente. Non mi vomitate addosso parole di scherno sull’eccessivo buonismo riservato ai mafiosi, che poverini non hanno avuto scelta, perché no, non l’hanno avuta, perché muori di fame e vivi in un posto di merda, e se hai due coglioni così per non farti risucchiare da quella merda sei coraggioso o, in altre parole, sei un coglione che c’ha creduto. Non riservate alcuna accondiscendenza per Pino Maniaci, perché se davvero ha sbagliato deve pagare, che sia per 300 euro o per 3857292, ha sbagliato e paga proprio perché è Pino Maniaci. E smettetela pure di fare quelle facce disgustate da “ma come è possibile?” perché nessuno di noi è pulito se si limita a guardare ripetendo giudizi come fossero mantra tibetani del tipo “piove, governo ladro”.

Mi sono rotta di sentire giudizi da pulpiti fatti di giustificazioni inesistenti, che si fregiano di non esser mafiosi ma non muovono un dito per non farlo, delegando tutto a eroi schifosamente umani che davanti a una femmina crollano come qualsiasi umano. Non ci sono eroi tra i siciliani, non ci sono santi, ci sono uomini che scelgono di educare i bambini, che denunciano il malaffare, che creano realtà in cui si parla di bellezza e cultura. Perché l’unica cosa che la mafia teme è la bellezza e la consapevolezza dei molti.

Quindi smettiamola di delegare, smettiamola di dare le colpe a una politica che non è peggio di ieri, smettiamola di sentirci puliti solo perché non chiediamo il pizzo e non votiamo Fratelli d’Italia o PD o, ancora per poco, il Movimento.

Rimbocchiamoci le maniche e agiamo. Il lamentarsi vale come il 2 di coppe quando la briscola è a mazze.

L’antimafia è inutile se continuiamo a credere agli eroi aspettando che facciano qualcosa.

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