Voglio bere senza bicchiere.

Una volta, una terapeuta mi disse, “e non sarebbe meglio se portassimo fuori, nel mondo, tutto questo? Perché tenerlo nascosto? Sarebbe il caso di condividere questa effervescenza esplosiva.”

Ogni tanto rifletto su quel che mi disse quel giorno. Rifletto. Rifletto perché penso a cosa voglia dire, portare fuori, nel mondo. Portare cosa? E condividere. Con chi? Perché? Con chiunque voglia? Ma se si porta vuol dire che non fluisce per conto proprio, vuol dire che qualcuno ha da portare qualcosa. O qualcosa, qualcuno. Vale con entrambi i termini. Una persona porta l’idea. Un’idea porta una persona.

Ma riusciamo davvero a tollerare, nel mondo, il diverso? L’ecceità.

L’ecceità da haeccitatem cioè da haec substantia, questa sostanza. Questa. Non quella.

“La perfezione che si realizza in ogni ente quando passa dalla specie universale alla condizione di individuo unico e irripetibile”, ed è così che troverete in un qualsiasi dizionario. Io l’ho preso dal mio.

Questa perfezione, però, come viene considerata? L’essere che realizzare l’essere essenza nella sua condizione di essere unico e irripetibile. Come lo vediamo? Cosa prova? Cosa sente?

Siamo tutti ben pensanti verso concetti come il seguire il proprio sé, ovunque lo porti. Ci affascinano Il gabbiano Jonathan Livingstone di R. Bach o Il delfino di S. Bambaren. Ma se quel proprio sé da seguire non risponde ad un bisogno che ha la società di rivedere sé stessa in quel proprio sé cosa accade? Che si è strani. Che si è diversi. Che si è altro da qualcosa. Qualsiasi cosa.

Prendete Alan Turing. Prendete Forrest Wallace. Prendete Theodore Kaczynski. E ancora Godel. O Tesla. L’italianissimo Calvino. E potreste andare per conto vostro.

Così senza essere costretti ad andare nel magnifico ma rimanere nel nostro piccolo, si formano miriadi di  enclosure che tra di loro non comunicano. Le enclosure di chi fa una cosa e vuole fare sempre e solo quella. Le enclosure di chi avverte di essere più qualcosa di un altro. Così una giovane ragazza che legge con piacere un libro di filosofia, è strana. Così un giovane adulto che decide di cambiare vita, dandosi un’epifania da sé, per studiare Medicina, è un avventato e un irresponsabile. Così un giovane geofisico che lascia l’Italia per studiare vulcani in Patagonia è più che strano. Così un giovane che decide di fondare una band e registrare un disco, è un sognatore che non ha ancora capito cosa conta nella vita. Così un giovane politologo capace e coraggioso che decide di investire sé stesso, il suo tempo e i suoi soldi studiando in un’università di eccellenza nel mondo, in UK, si sente dire con sprezzo dalla sua relatrice della triennale “non vi capisco voi giovani, invece di rimanere in Italia. Dopo la brexit, io a mio figlio non l’avrei mai mandato nel Regno Unito”. Così una giovane sociologa della comunicazione che si è lanciata in un settore quasi sconosciuto in Italia ma che è una necessità per grandi aziende internazionali, non viene stimolata alla massima produttività. E potrei andare avanti, così come sono sicuro che anche voi potreste.

Voglio bere senza bicchiere, il carro non va su una ruota sola.

Canta Vinicio Capossela in La lontananza, nei suoni de Le canzoni della cupa, meraviglioso omaggio alla terra e alle sue radici, ai suoi suoni e alle sue pietre. Questo è il punto. Siamo abituati a pensare, erroneamente, al fatto che Isaac Newton visse in totale isolamento. Che Beethoven stesse rinchiuso in casa. Che Thomas Edison avesse i momenti Eureka! Sono semplificazioni a cui ci piace credere per isolarci. Ma non è così. Thomas Edison collaborava con almeno una trentina di chimici, fisici, ingegneri. Non arrivò da solo a nessuna delle sue idee. La forza dell’individuo sta nella condivisione del momento creativo. Lo studio, la ricerca, la passione forse sono sentieri che ognuno di noi percorre da solo. Ma la creatività è commistione di stimoli, di idee, esperienze. Che non si possono condensare tutte in una sola vita. Cercate quanto volete, vi sfido. Non esiste una sola persona che abbia prodotto qualcosa di geniale e creativo, stando da solo seduto in una stanza con pareti bianche per ore.

Sicuramente sarà noto ai più il quarto movimento della sinfonia in D minore, op.125 di Beethoven. Qualcuno lo saprà pure, chiaramente. Non tutti forse riconoscono che il testo è stato ispirato dalla lettura di un’ode del poeta Friedrich Schilling: buona lettura.

 

Joy, beautiful spark of divinity,

Daughter from Elysium,

We enter, drunk with fire,

Heavenly One, thy sanctuary!

Your magics join again

What custom strictly divided;*

All people become brothers,*

Where your gentle wing abides.

 

 

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